DIALETTO
  o lingua materna, è uguale  

"Le lingue dal punto di vista fonetico sono migliaia, mentre dal punto di vista psicologico ne esistono solo due: la lingua materna o primaria e tutte l’altre lingue messe insieme o seconde". Ludwig Wittgenstein

Cerca nel sito Veneti Eventi

Scrivimi Cerca in Veneti Eventi Info Storia e lingua veneta Precedente Successiva

Francine Rosenbaum, Fra il dire e l'essere.

 

 

Francine Rosenbaum 

 ... fintanto che la società non privilegerà lapreservazione ... delle diversità che sono la ricchezza di questo pianeta, le differenze fra gli uomini continueranno a fungere da pretesto ai demagoghi di ogni specie per spingerli ad uccidersi. Il monolinguismo e il monoculturalismo esistono oggi soltanto alle due estremità di un fucile. E' quello che desidererei che i pedagoghi insegnassero.

Quando un bambino ha l'impressione che uno dei genitori, la nonna, l'insegnante o il medico considera in modo sfavorevole l'apprendimento simultaneo delle due lingue (materna e L2), viene scosso nella propria fiducia in sé stesso, colpito nella motivazione a crescere e nel suo senso dei valori. 

... rigettare una delle lingue equivale a rigettare una parte di sé stessi. Ogni bambino è capace, in buone condizioni, di assimilare con successo due lingue e due culture.

 

NOTA: l'articolo della Rosenbaum è lungo e prettamente tecnico, pertanto riportiamo solo i punti contestuali all'argomento trattato in questo sito: l'amore e la difesa della lingua materna e del pluriculturalismo in generale.

NOTA IMPORTANTE: La Rosenbaum si riferisce prevalentemente ai danni causati dal monoculturismo imposto ai giovani migranti, ma tra le righe trapelano chiari concetti estendibili anche alle multiculture locali.

NOTA MOLTO IMPORTANTE: non bisogna dimenticare che le difficoltà di integrazione dei migranti d'oggi sono state vissute in modo molto più drammatico da tutti i Popoli colonizzati a forza con l'Unità d'Italia. Il trattamento istituzionale riservato oggi agli stranieri è fraterno e pieno di attenzioni rispetto ad allora, è buonista e male che vada agli immigrati è di essere ignorati. Ma sono rose e fiori rispetto al vissuto nel XIX sec. delle culture italiane e non solo (vedi D. Nettle e S. Romaine, Voci del silenzio - Diritti linguistici e diritti umani). 

 

 

  Pagina non ancora completata    

18/03/09 Francine Rosenbaum - Fra il dire e l'essere: uso e rappresentazione del multilinguismo nella migrazione Postulati teorici

 

   (...)

C. E' bilingue una persona capace di realizzare compiti specifici nelle due lingue.

Questa visione del bilinguismo, assai vicina alla precedente, circoscrive però le competenze linguistiche secondo criteri funzionali. Essere bilingui significa disporre di un repertorio verbale che permetta al locutore di eseguire certe funzioni verbali (raccontare una storia, fare una lezione, scrivere una lettera, capire un film, vendere merci, condurre una consultazione medica ecc.) in due lingue diverse, indipendentemente dal grado di elaborazione dei mezzi linguistici e dall'immagine sociale che il locutore da di sé stesso. Il repertorio verbale è in linea di principio specializzato, nel senso che ogni lingua viene attribuita ad un sottoinsieme di funzioni (per esempio il locutore conduce la sua vita professionale in lingua seconda e la vita familiare in lingua materna). Questo approccio è alla base delle definizioni della diglossia (coesistenza, in una comunità di due lingue attribuite rispettivamente all'esecuzione di funzioni diverse).

 

D. I criteri sopra menzionati fanno riferimento alle prestazioni (performance) del bilingue dal punto di vista dell'interlocutore, sia esso individuale o sociale.

 

Ma sono ciononostante insufficienti per rendere conto del bilinguismo nella prospettiva relazionale che ci interessa. Siccome il linguaggio nasce e si sviluppa nell'interazione, sono i criteri psico-affettivi che ci permettono di capire meglio gli aspetti del bilinguismo e di arricchire i nostri interventi nel campo psicopedagogico.
E' Elizabeth Deshaye che ha formulato in modo chiaro ed accessibile ad un largo pubblico molte nozioni chiave a questo proposito. Ne riassumo qui i punti che fanno parte delle informazioni che offro alle famiglie multiculturali e migranti. Queste informazioni hanno finito per far parte così intimamente della mia propria concezione del bilinguismo che le sue parole sono diventate le mie nelle situazioni di consultazione, di colloquio e di insegnamento.
Una persona che vive in due contesti culturali diversi, per esempio la casa e la scuola o il posto di lavoro, non dice le stesse cose nelle due lingue rispettive. Afferra il mondo, lo capisce e reagisce secondo due sistemi culturali, linguistici (e dunque mentali) diversi. Data l'interdipendenza del pensiero e del linguaggio, un bambino costruisce le sue competenze linguistiche in stretta simbiosi con l'ambito affettivo e culturale nel quale è portato ad esprimersi. Nel corso degli apprendimenti linguistici, è perfettamente normale che un individuo possa esprimere i suoi affetti nella lingua del suo ambito familiare e le sue esperienze scolastiche e professionali nella lingua del suo ambito sociale senza saper permutare i due codici. Chiamo bi o multilinguismo affettivo la facoltà di esprimersi nella lingua in cui avvengono le interazioni a un dato momento senza poterne dare la traduzione immediata. Affermo che non si corrono rischi psichici al mescolare le referenze culturali e le lingue: i problemi legati in apparenza al bilinguismo non sono mai provocati dal bilinguismo stesso. La confusione fra le due lingue è il segno esterno di un conflitto interno: rigettare una delle lingue equivale a rigettare una parte di sé stessi. Ogni bambino è capace, in buone condizioni, di assimilare con successo due lingue e due culture. E' la situazione all'origine del bilinguismo che è in grado di generare difficoltà nel seno della famiglia, o fra la famiglia e la società. Il bambino associa inconsciamente queste contraddizioni all'una o all'altra lingua e si esaurisce in conflitti di lealtà che gli sbarrano l'accesso agli apprendimenti.


Tenendo conto dei presupposti teorici e dell'aspetto affettivo dello sviluppo del multilinguismo, il fatto di dire, per esempio, che i problemi di un bimbo migrante sono dovuti al bilinguismo è una semplificazione grossolana ed erronea che viene ancora insegnata attualmente e che contesto vigorosamente. L'atteggiamento dei genitori e - ad un livello minore ma tuttavia considerevole - quello dei parenti, degli amici, del corpo insegnante e medico, determina fortemente il modo in cui il bambino reagirà alle due lingue ed a tutto ciò che esse rappresentano. 

Quando un bambino ha l'impressione che uno dei genitori, la nonna, l'insegnante o il medico considerano in modo ambivalente o sfavorevole l'apprendimento simultaneo delle due lingue, viene scosso nella propria fiducia in sé stesso, colpito nella motivazione a crescere e nel suo senso dei valori. 

La sua personalità rischia di soffrirne. Il bambino afferra ed assimila una lingua con tutto il suo essere: l'intelletto, le emozioni, i sensi. Si costruisce attraverso queste lingue che costituiscono una parte integrante del suo sviluppo.
Fino ai tre o ai cinque anni (a seconda dell'età della scolarizzazione), la lingua materna del bambino (lingua di origine della madre) sarà la più importante della sua vita. Ma dal momento in cui andrà a scuola, avrà la propria vita indipendente, lontano da casa e dalla mamma. Il bisogno di comunicare con gli altri bambini diverrà imperativo. Ineluttabilmente, la situazione si capovolgerà, la lingua materna perderà il suo ruolo predominante. E' ciò che a volte viene chiamato "il traguardo dei 5 anni".
I genitori che vivono questo tipo di situazione e se ne preoccupano possono essere rassicurati. In un contesto di pluriculturalismo e di plurilinguismo, un ritardo nell'espressione verbale è banale: si tratta di un fenomeno normale e comprensibile
. Infatti, il piccolo bilingue deve pur imparare il doppio di vocaboli di un bambino monolingue. Ma questo ritardo è provvisorio. I bambini bilingui dalla nascita ricuperano il livello verbale dei loro coetanei nell'una o in ambedue le lingue, raggiungono la stessa maturità verbale, lo stesso senso delle sfumature verso l'età di quattro o cinque anni.
Vi sono dei bambini che presentano patologie del linguaggio: si riscontrano allora difficoltà tanto nella lingua materna che nella seconda lingua. Gli specialisti considerano che non esiste nessun rapporto particolare fra il bilinguismo ed i problemi di trascrizione. Ma ad una condi¬zione: che non venga commesso l'errore di insegnare al bambino a leggere nella lingua materna prima che abbia acquisito la lettura nella lingua della scuola.

 

 

E. Adolescenza e seconda lingua: la perdita delle esperienze acquisite.

In tutta l'Europa, gli adolescenti recentemente immigrati vengono confrontati ad una gravissima lacuna nella pedagogia linguistica, tanto più drammatica quanto misconosciuta: da un lato, gli apprendimenti scolastici fatti nel paese d'origine non vengono utilizzati come supporti per gli apprendimenti nel paese ospite; d'altro lato non vengono più mantenuti, né alimentati, né valorizzati in alcun modo.
Al contrario, e nonostante qualche lodevole sforzo d'informazione a questo proposito, le loro conoscenze in lingua materna vengono solitamente considerate come la causa delle difficoltà di apprendimento nella seconda lingua. Questa credenza etnocentrica ha come conseguenza le ottuse e deleterie direttive d'insegnamento monolingue che ignorano o squalificano le conoscenze acquisite, inibendo di fatto le energie e le risorse inerenti alle competenze metaculturali veicolate dalla migrazione.
Il rischio che corre così la maggioranza degli adolescenti recentemente immigrati è di perdere le esperienze accumulate e di non poterne costruire altre su basi in via di estinzione.
   (...)   

 

 

Premesse teoriche al lavoro con i bambini multiculturali o/e migranti

   (...)   Sul piano individuale, le macchine (europee) di abrasione dei sistemi culturali sono la Medicina e la Scuola, poiché sono i due luoghi istituzionali dove il migrante viene percepito come un essere umano universale e non come un essere di cultura. Mettere (...) brutalmente (un bambino migrante) a scuola ed aspettarsi che vi si adatti, significa non capir niente del funzionamento psichico. Ed è vergognoso! A questa età è totalmente impossibile gestire rapidamente dei processi di mediazione fra due culture, fra due lingue, unico mezzo per non perdere la Cultura con una C maiuscola".   (...)   
stirpe

   (...)   Cyrulnik dice, in Les nourritures affectives , che quando le rotture hanno inibito la consapevolezza di appartenenza di un bambino, egli "non conosce la storia della propria famiglia o della propria stirpe. Questa lacuna impedisce al bambino di strutturare il tempo (...).  I referenti si sovvertono nella sua mente. Ora, quando un discorso diventa confuso, quando la presentazione di sé stessi non è chiara, l'interlocutore rimane sconcertato e non può rilanciare lo scambio. La comunicazione si spegne, isolando ancor più il bambino e confermando, ad ogni tentativo di incontro, la sua impressione di venir escluso dai circuiti sociali e dagli scambi affettivi (...). Anche l'identità fisica è sfocata nei bambini senza appartenenza (...). Occupare orgogliosamente il proprio posto fisico, affettivo, psicologico e sociale, ecco ciò che permette il fatto di appartenere. La fierezza è importante perché facilita la costruzione dell'identità".   (...)   

Torna su conclusione

 

Conclusione

   (...)   Sono persuasa che fintanto che la nostra società non privilegerà la preservazione di una vita degna per tutti, nel godimento delle diversità che sono la ricchezza di questo pianeta, le differenze fra gli uomini continueranno a fungere da pretesto ai demagoghi di ogni specie per spingerli ad uccidersi. Il monolinguismo e il monoculturalismo esistono oggi soltanto alle due estremità di un fucile. E' quello che desidererei che i pedagoghi insegnassero.

 

 

Da http://www.ishtarvr.org/leggi_articolo.php?id=4

 

Home page Biblioteca

Precedente Successiva

  Scrivimi  Cerca  Info  Storia e lingua veneta

DIALETTO
 o lingua materna, è uguale. 

"Le lingue dal punto di vista fonetico sono migliaia, mentre dal punto di vista psicologico ne esistono solo due: la lingua materna o primaria e tutte l’altre lingue messe insieme o seconde". Ludwig Wittgenstein

 

Autore del sito Paolo Pegoraro (breve biografia)
Web registrato il 20/01/2006; aggiornato il 10/06/2011 ; pagine sfogliate Hit Counter volte