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Le origini franco-venete
Gli effetti della grafia italiana
Gli scrittori veneti
La grafia goldoniana

GLI EFFETTI DANNOSI DELL’ORTOGRAFIA ITALIANA APPLICATA ALLA LINGUA VENETA

Se molti autori di libri veneti, scritti con la grafia italiana, devono ricorrere a note esplicative per far capire ai lettori, come va pronunciata la tal lettera o la tal altra, vuol dire che qualcosa non va. Per ovviare a questo inconveniente, è assolutamente necessario creare una grafia coerente alle esigenze alla lingua veneta, non adattarne una di una lingua differente.

In una nota enciclopedia alla voce "Ortografia" si legge:

"L'ortografia è una disciplina storica, nel senso che è soggetta, sia pur lentamente, a variare col tempo (…). Tentativi di accelerare il cambiamento ortografico mediante riforme sono stati fatti in molti paesi fin dall'antichità: famosa è la riforma dell'ortografia latina proposta dall'imperatore romano Claudio. In alcuni casi queste riforme sono andate a buon fine, come quelle del danese (1948) (v. Riforma danese ...) e del norvegese (1907, 1917 e 1938) (v. Riforme norvegesi ...); più spesso però si scontrano con l'abitudine di chi parla una lingua a vederla scritta sempre allo stesso modo, e con le difficoltà pratiche di traduzione da un sistema ortografico a un altro che sarebbero imposte alle lingue dotate di vasta letteratura." 
"Ortografia," Enciclopedia Microsoft(R) Encarta(R) 99. (c) 1993-1998 Microsoft Corporation. Tutti i diritti riservati.

Ora, parlare di riforma dell'ortografia nel caso della lingua veneta potrebbe sembrare fuori luogo in quanto non sono mai esistite regole unitarie ufficialmente riconosciute e codificate. Sostanzialmente, però, il sistema ortografico GVR è una riforma in piena regola delle varie grafie che ufficiosamente si sono susseguite durante i secoli della storia veneta.

Riguardo a queste vecchie grafie, i veneti hanno finito per accettare tacitamente i modi di scrivere di alcuni importanti autori letterari, forse il più determinante di tutti è stato il Goldoni, ma egli usava una grafia elitaria che andava in voga in quel periodo storico, fecondo di produzioni letterarie provenienti, soprattutto, dalla Toscana e che, probabilmente, hanno finito per condizionare anche altri autori veneti, più attenti all'astrazione poetica che alla comunicazione di massa. 

Stiamo praticamente parlando della stessa grafia che poi diventò l'ortografia ufficiale della lingua italiana. 

Confrontando la scrittura veneta in grafia italiana con la parlata veneta, anche quella molto italianizzata dei giorni nostri, ci rendiamo subito conto delle differenze tra parlato e scritto. Illuminante potrebbe essere l'esperimento di far leggere un testo veneto ad un italiano che non conosce la nostra lingua. Le prime note stonate a risaltare sarebbero la pronuncia degli Z (v. Lettere con suono variabile tra le parlate venete).  

 Possiamo, a questo punto, immaginare quanto distanti tra loro fossero stati lo scritto e il parlato al tempo del Goldoni. Dobbiamo dunque ritenere che la grafia italiana non è adatta ad esprimere il linguaggio popolare (vedi La grafia goldoniana), ecco spiegato, forse, il fatto per cui la letteratura veneta è rimasta elitaria e non ha servito granché alla divulgazione e normalizzazione della lingua veneta (v. Gli scrittori veneti).

Per tornare al Goldoni, il suo modo di scrivere all'italiana, o quasi, riproduceva una parlata veneta virtuale molto somigliante a quel dialetto usato snobisticamente tra i componenti di alcuni ceti sociali che oggi noi definiamo come "i kageta (in grafia italiana: cagheta = boriosi) dal linguaggio lecchino"  e, dunque, molto distante dalla vera parlata popolare. Ebbe a dire l’insigne linguista Manlio Cortelazzo: "se parlassi solo di lingua popolare, allora dovrei escludere Goldoni" (v. Il lessico dei dialetti di terraferma (1 e 2) di Manlio Cortelazzo)

Ricorrere alle regole dell’italiano, oppure alla lingua toscanizzante del Goldoni, significa uccidere quei fonemi e tutte quelle caratteristiche linguistiche proprie del veneto. 

 

 

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