Minoranze escluse dalla tutela
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MINORANZE ESCLUSE DALLA LEGGE DI TUTELA
Oltre la legge 482
Nel momento in cui il Senato si apprestava a varare
la legge di tutela delle minoranze linguistiche le società che
rappresentano gli studiosi di scienze del linguaggio esprimevano il loro
punto di vista nel corso di una audizione accordata il 28 settembre 1999
dal senatore Felice Besostri, relatore in aula del provvedimento. Erano
presenti per la Società Italiana di Glottologia il presidente prof.
Vincenzo Orioles, ascoltato anche in veste di Direttore del Centro
Internazionale sul Plurilinguismo, e per la Società di Linguistica
Italiana il prof. Alberto Sobrero.
Le due Società prendevano atto delle ragioni che spingevano alla rapida
approvazione di una legge che applicava finalmente il dettato
costituzionale e dava nel contempo attuazione alla normativa europea.
Poiché in quel momento l’interesse prevalente era quello di portare a
termine l'iter legislativo, il prof. Orioles e il prof. Sobrero
convenivano sull’opportunità che, per non compromettere l'entrata in
vigore della legge, ogni revisione e integrazione fossero rimandate a un
futuro riesame della normativa.
Alle lacune ed alle incongruenze del testo si potrà ovviare quando il
Parlamento avrà ripreso a legiferare in tema di minoranze.
Qui di seguito passiamo in rassegna le tre possibili tipologie di varietà
minoritarie da prendere in considerazione in sede di riscrittura della
legge.
I linguisti innanzitutto denunziano le limitazioni
della tutela di legge, che si restringe alle dodici comunità menzionate
all’art. 2 tralasciando situazioni altrettanto degne di considerazione:
il caso più vistoso concerne l’esclusione dei Galloitalici di Sicilia e
di Basilicata e dei Tabarchini di Sardegna, due comunità in possesso dei
presupposti di alterità linguistica, di antico insediamento e di animus
comunitario compatibili con lo status di lingua minoritaria.
Poiché il Comitato tecnico-consultivo chiamato a esprimersi sul
regolamento applicativo della L. 482 non ha potuto procedere a favore di
queste comunità in via di interpretazione autentica, ci si ripromette,
col supporto del Centro Internazionale sul Plurilinguismo e delle Società
rappresentative degli studiosi di Scienze del Linguaggio (Società
Italiana di Glottologia e Società di Linguistica Italiana), di attivare
una larga sensibilizzazione e del mondo della cultura e delle popolazioni
interessate a sostegno di futuri provvedimenti che consentano
l’applicazione della normativa di tutela anche a tali insediamenti. Un
primo passo in tal senso si è realizzato attraverso la pubblicazione di
un dossier documentario “Insularità
linguistica e culturale Il caso dei Tabarchini di Sardegna”, curato
da Vincenzo ORIOLES e Fiorenzo TOSO e introdotto da una Premessa di Tullio
DE MAURO.
Comune di Calasette - Università di Udine
Centro Internazionale sul Plurilinguismo
INSULARITÀ LINGUISTICA E CULTURALE
Il caso dei Tabarchini di Sardegna
Documenti del Convegno Internazionale di Studi (Calasetta, 23-24
settembre 2000)
a cura di Vincenzo Orioles e Fiorenzo Toso
Premessa di Tullio De Mauro
Genova, Le Mani, 2001
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La legge 482 mette in luce i limiti di una
impostazione 'territorialista' che lega la tutela al "vincolo stabile
tra la minoranza e una determinata porzione di territorio nazionale"
(Claudio Marta, Minoranze e lingue minoritarie. Atti del Convegno
internazionale, Napoli, Istituto Universitario Orientale, 6-7 aprile 1995,
a cura di Cristina Vallini, Napoli 1996, p. 252) non prendendo in esame le
esigenze di riconoscimento e visibilità delle cosiddette 'minoranze
diffuse', ossia di quelle comunità che si collocano all'interno di un
determinato paese in modo non-territoriale, sparse, disseminate a piccoli
gruppi sul territorio.
Ovviamente dietro tale scelta c'è un ben preciso 'modello' costruito in
funzione di una tipologia minoritaria tipica degli anni immediatamente
successivi alla prima guerra mondiale in nome del criterio
dell'autoctonia.
E' intuitivo pensare che in tal modo si potrebbe recuperare la
problematica dei nomadi (Giulio Soravia, In un'Europa plurilingue. Culture
in transizione, Bologna 1998); ma in realtà la portata dell'estensione
sarebbe molto più generale. Si tratta di un fenomeno nuovo proprio di
un'epoca contraddistinta da crescenti processi di mobilità che portano
nuclei consistenti di popolazione fuori del loro spazio identitario di
origine: basti pensare, per fare un solo esempio (evocato da Georges Lüdi,
Le paysage linguistique de la Suisse, Berne 1997, p. 652), che in Svizzera
più della metà dei locutori del romancio vivono in una situazione di
diaspora.
In prospettiva, dunque, è auspicabile che vengano adottate misure
ispirate a una politica linguistica aperta e flessibile, che superino il
concetto di tutela delle minoranze localizzate a favore di una più
articolata dimensione interculturale.
Accanto alle minoranze di antico insediamento e alle
minoranze diffuse, il panorama linguistico e culturale italiano deve fare
i conti con un fenomeno nuovo ed in costante crescita: la presenza di
consistenti gruppi di lavoratori immigrati provenienti dai più diversi
paesi e di parlata diversa da quella italiana che, con espressione coniata
da Tullio De Mauro nel 1974, denominiamo 'nuove minoranze'.
Ovviamente non tutti i lavoratori immigrati in quanto tali sono soggetti
potenziali di tutela: perché essi possano costituire una vera e propria
minoranza devono maturare determinate condizioni che si possono
sintetizzare nell'avvenuta formazione di una entità socialmente
aggregata, riconoscibile per istituzioni e strutture di vita comunitaria,
e soprattutto per la condivisione "di un progetto migratorio di lunga
durata e di una volontà di conservare lingua, cultura, religione e
identità di origine" (T. Telmon, Le minoranze linguistiche in
Italia, Alessandria 1992, pp. 150-2).
Tale riconoscimento ben si inquadrerebbe in una visione 'ecolinguistica'
in armonia con la quale le istituzioni vadano al di là della tolleranza
difensiva di ciò che è diverso dalla lingua e dalla cultura ufficiale
dello Stato, per giungere ad una esplicita presa d'atto di quella che è
la fisionomia caratterizzante delle odierne società europee, ossia il
plurilinguismo e il multiculturalismo.