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Vecio parlar ...

di Andrea Zanzotto

F(ilò, in Le poesie e prose scelte, "I Meridiani", Mondadori, Milano 1999, pp. 532-533)

MESSAGGIO IMPORTANTE: la poesia sembra non essere integrale, dispongo di una traduzione in veronese ed una in italiano, ma non corrispondono. Avrei, pertanto, piacere se qualcuno mi inviasse l'opera compleata. Grazie.
Testo in grafia original originale in GVR  
Vecio parlar che tu à inte ’l saòr
un s’cip del lat de la Eva
vecio parlar che no so pi,
che me se à descunì
dì par dì ’nte la boca (e tu no me basta);


che tu sé cambià co la me fazha
co la me pèl ano par an;

(...)
parlarr porét, da poreti, ma s’cet
ma fis, ma tòch cofà ’na branca
de fien ’pena segà dal faldin (parché n bàstetu?)...
Ma intant, qua par atorno, a girar pa’ i marcà
o mejo a ’ndar par camp e rive e zhòpe
là onde che ’l gal de cristal canta sempre tre òlte,
da juste boche se te sent. Mi ò pers la trazha

 

Vêco parlar ke tu à inte ’l to saor
Un scip del lat de la Eva,
vêco parlar ke no sò pi,
ke me se ' á deskunì
dì par dì inte la boka ( e no tu me basta);


ke tu sé kanbià ko la me fazha
ko la me pèl ano par an 
(…)

parlar poret da poreti, ma scèt

ma fis, tòk kofà na branka de fien 'pena segà dal faldin (parké n bàstetu?)...

ma intant, kuà par atorno, a jirar pa' i markà

o mêyo a 'ndar par kanp e rive e zhope

là onde ke 'l gal de kristal kanta senpre trè 'ôlte, da yuste boke se te sent.

Mi 'ò pèrs la traza

 

Andrea Zanzotto
a cura di Olivia Trioschi

Nato a Pieve di Soligo (Treviso) nel 1921, Andrea Zanzotto ha iniziato a insegnare all'età di sedici anni. Laureatosi in Lettere all'Università di Padova nel 1941, ha poi vissuto a lungo all'estero, in Francia e Svizzera. Tornato in Italia, si è stabilito nel suo paese natale, dove vive tuttora. Oltre che poeta, è autore di racconti e di acuti saggi critici, specie su contemporanei (Ungaretti, Montale, Sereni).

Il primo ad attirare l'attenzione sulla poesia di Zanzotto è stato Ungaretti; in seguito, dopo la raccolta Beltà del 1968, buona parte della critica gli ha assegnato un posto di tutto rilievo tra i poeti italiani contemporanei. Zanzotto esordisce come un "epigono fuori tempo dell'ermetismo" (Mengaldo) rifacendosi direttamente a Ungaretti. Altri suoi importanti punti di riferimento sono Petrarca, Leopardi, Hölderlin e Mallarmé, in corrispondenza con la profonda convinzione che il poeta abbia la precisa missione di dare un ordine all'universo. Quella di Zanzotto è, come ha scritto Fortini, "un'intensa nostalgia per il momento eroico del poeta come legislatore, sacerdote e agnello da sacrificio". Per ciò che concerne il lessico, è stato notato come il poeta veneto ne faccia un uso assai particolare: egli attinge infatti al linguaggio infantile, al dialetto, a lingue straniere; con questo composito vocabolario, poi, spazia dall'elegia del suo angolo di Veneto all'astrofisica, dalla psicologia alla microbiologia. Da tanta varietà di temi e linguaggi nasce una "recitazione illimitata" (Fortini) che spesso porta con sè difficoltà di comprensione del testo. L'oscurità di Zanzotto, però, ha un preciso significato. Egli intende infatti comunicare al lettore i limiti, o l'impossibilità, che incontra la verbalizzazione nel cercare di rendere conto del vissuto privato e intimo di ognuno. Il poeta deve quindi cercare una lingua che rappresenti lo stadio intermedio tra coscienza e incoscienza, con puntate nel silenzio più assoluto da un lato e nella vociferazione babelica dall'altro. Quest'impostazione si fa più evidente soprattutto a partire dalle IX Ecloghe del 1962, a proposito delle quali il critico Agosti, autore di un saggio ritenuto fondamentale per la miglior comprensione di Zanzotto, ha scritto che "il significante non è più collegato a un significato … ma si intuisce esso stesso come depositario e produttore di senso". Parallelamente a questa riduzione del linguaggio a ammasso indifferenziato viene compiuto anche lo sforzo inverso; ripercorrerlo, cioè, sino alle sue radici per ritrovarne l' origine più autentica (qui rappresentata, in particolare, dalla lingua infantile). E' anche importante rilevare, sempre seguendo le indicazioni di Agosti, come la libertà del significante sia ottenuta con procedimenti che ricordano quelli psicanalitici, "lasciando fluttuare l'attenzione fonica nei dintorni di una parola, finché accanto non ne sorge una simile" (Siti), in polemica con i linguaggi sempre più standardizzati della comunicazione di massa. La poesia, secondo le stesse parole di Zanzotto è "prima figura dell'impegno: perchè non solamente essa deve e può parlare della libertà, dire cioè la prepotente 'sortita' dell'uomo dalle barriere di ogni condizionamento, e il superamento di qualunque 'dato'; ma col suo solo apparire, col suo sì essa dà inizio alla sortita, al processo di liberazione. La poesia, come la libertà è 'una sola parola' quella che 'salva l'anima' in una suprema proposta qualitativa …".

Dal sito ©1999 Il club degli autori Andrea Zanzotto

Altra fonte http://www.railibro.rai.it/recensioni.asp?id=299

 

 

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